HEARTS APART – Un’estate di sangue, sudore e tante lacrime

C’è un momento in cui il punk rock smette di essere solo una questione di gioventù e diventa una necessità, una terapia, una sfida aperta contro il tempo che passa e le illusioni che crollano. Gli Hearts Apart lo sanno bene: dopo anni di concerti, birre economiche e rifugi di montagna, tornano con Summer Bummer, un EP che distilla malinconia, ironia e puro istinto in sei pezzi urgenti e vivi. Li abbiamo incontrati per parlare di registrazioni istintive, disagio esistenziale, animali selvatici e di quella fame di suonare che non si placa nemmeno a quarant’anni.
Spoiler: sì, ci sono lacrime, risate e molta, molta onestà.

HEARTS APART - Un'estate di sangue, sudore e tante lacrime

Summer Bummer suona come un disco registrato con il cuore in mano e zero filtri. C’è un momento preciso in studio — magari uno sbaglio, una risata, una presa sbagliata — che secondo voi ha dato il vero sapore all’EP?
Credo sia avvenuto mettendoci piede, perché di studio non si è trattato: abbiamo registrato Summer Bummer in presa diretta (escluse le voci) nella saletta a Fara Vicentino dove abbiamo costruito tutte le primissime canzoni, 5 anni fa. L’odore umido di un garage riadattato, la polvere che sui tappeti abbraccia la birra, i mozziconi. Casa.

Vi siete lanciati nel punk rock per esorcizzare il disagio dei quasi-quarantenni. Ora che siete ancora più vicini o magari ci siete già dentro: il disagio è aumentato, cambiato o avete imparato a ballarci sopra?
Vogliamo morire, al più presto.
Scherzo.
Il disagio però è tangibile, è quotidiano: come potrebbe non esserlo con un genocidio in corso, con un sistema globale già fallito che ci spreme gli ultimi centesimi, con un governo così? Si (r)esiste grazie agli affetti, alle passioni, alla musica, all’arte, a quella folle esigenza di dire “Io Così, No”.
La nostra musica è anche parte potente della nostra terapia.

Dal pick-up malconcio in montagna al vinile colorato tirato a lucido: qual è il momento più assurdo o surreale che avete vissuto suonando, quello che se lo raccontate sembra una leggenda metropolitana?
Ce ne sono un po’ a dire il vero. Citiamo l’aver dormito in un hotel in costruzione, l’essere stati accolti -cosa assolutamente non richiesta- dagli organizzatori di un festival tedesco con una valigia piena di ogni sorta di droghe, l’aver consumato in alcool tutto un cachet – e scoprirlo amaramente, un nostro membro (termine azzeccatissimo) sbronzo marcio che con le pubenda au vent scrive cose random sul bancone di una venue di Monaco con i cocci di una pinta rotta.

Maurizio Icio Baggio vi ha spinti a registrare “d’istinto”. Se Summer Bummer fosse un animale selvatico, quale sarebbe? E perché?
Urca. Tosta questa. Un tasso del miele? Naah. Probabilmente un lupo. Apparentemente feroce, leggendario foriere di terrore, scontroso e diffidente, tendenzialmente solitario, ma dedito al branco, capace di poesia lunare, conscio dell’essere una bestia infine sociale, che sa prendersi cura dell’altro.

I vostri testi sanno essere autoironici ma anche dolorosamente sinceri. C’è una riga di una vostra canzone che oggi, ascoltandola a freddo, vi spacca ancora dentro?
“Did I mention I think of you, in the talks we never had?”
Sbam.

Suonate un punk rock che riesce a essere energetico ma mai artefatto, sporco ma mai finto. In un mondo musicale che sembra ossessionato dalla perfezione, qual è secondo voi il “difetto” che vi rende più orgogliosi?
L’alcolismo. Dai scherzo again. Penso che sia questo nostro modo tutto personale di non imitare, di mescolare gli ascolti che amiamo e farli esplodere come ci viene, con poca astuzia commerciale se vuoi, ma tutta la libertà necessaria per non trovarsi davanti ad uno specchio e vergognarsi. Ed ecco questo ibrido troppo rock’n’roll per i punk rockers più tour court, troppo rock per gli emo, troppo emo per i rockers. Pat pat pat, bravi. Delle faine eh?

Se poteste suonare una sola volta davanti a un pubblico totalmente alieno — gente che non sa nulla di punk, nulla di rock — quale pezzo di Summer Bummer scegliereste per spiegare chi sono davvero gli Hearts Apart?
Non possiamo suonare loro Plenty For All degli Hot Snakes??
No, immagino. Allora forse direi Forget About Me. C’è il tiro, c’è l’autoironia (è chiaro che abbiamo giocato sul fatto di volerci dimenticare di una persona e non l’ovvio viceversa) c’è la parte in down, c’è qualche armonico dissonante post punk, c’è tanta melodia. Credo possa riassumerci piuttosto bene.

In un panorama musicale che troppo spesso odora di plastica, gli Hearts Apart sono un promemoria rumoroso che la verità ha il suono imperfetto di una chitarra che vibra troppo forte. Summer Bummer è il loro manifesto spontaneo: un EP da ballare con il cuore spezzato e da cantare a squarciagola, senza vergogna.
Se volete sentire come suona la vita vera a volume altissimo, sapete dove trovarli: online, su vinile colorato… e molto presto di nuovo sotto palco.

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