Con un sound che mescola punk, alternative rock e urgenza emotiva, i Nodrip si fanno largo nella scena con autenticità e intensità. Abbiamo scambiato due parole con loro per parlare di musica, disagio, sincerità e di quel bisogno viscerale di trasformare ciò che fa male in canzoni che lasciano il segno.

“BONUS TRACKS” è un manifesto di caos, energia e vita vissuta senza filtri. Qual è la scintilla che ha fatto scattare questa voglia di raccontare la realtà senza compromessi? C’è qualche episodio o sentimento che vi ha fatto capire che dovevate farlo, anche se il mondo non era pronto per questo?
Senz’ombra di dubbio l’urgenza di esprimerci in maniera autentica, senza rimuginarci troppo e senza filtri. “BONUS TRACKS” nasce dall’ esigenza raccontare ciò che viviamo e sentiamo ogni giorno, specialmente se ci da fastidio e vorremmo fosse diverso. Non si può dire ci sia stato un episodio specifico, ma una somma di esperienze personali e collettive che ci hanno portati a dire: adesso basta, è il momento di fare a modo nostro, che incontrasse il gusto delle persone è andato in secondo piano, perché a quel punto non era più una questione di scelta, ma di necessità.
Ogni brano di “BONUS TRACKS” sembra una finestra su un’emozione, un angolo di realtà che spesso viene ignorato. C’è una traccia che rappresenta davvero l’essenza di chi siete come band? Se sì, qual è e perché?
“Marte” sintetizza bene la nostra identità come band. È un brano che tiene insieme il linguaggio diretto, la commistione tra punk e urban, è stata scritta con l’obiettivo di restituire qualcosa di autentico. Affronta quel senso di alienazione che sembra diventato quasi normale, e lo fa con l’urgenza che ci appartiene.
Il vostro sound mescola punk, reggae, breakbeat, ska… Sembra che non vogliate incasellarvi in nulla. Come siete arrivati a questa fusione di generi e quanto è stato naturale per voi far convivere così tante influenze diverse senza perderne l’identità punk?
Questo mix di generi nasce dalla voglia di esplorare nuove possibilità senza rinunciare alla nostre radici che affondano nel punk-rock. Ognuno di noi ha sempre avuto un approccio molto aperto verso la musica, e questo ci ha portato ad assimilare influenze da generi diversi come reggae,hip hop, breakbeat e ska. Per noi, il punk è attitudine, una mentalità che ci permette di sperimentare ed esplorare nuovi territori mantenendo il nostro stile.
“Marte” è un urlo di sfogo, una specie di invito a riflettere sul mondo che ci circonda, mentre “Non C’ero” esplora la cruda consapevolezza del presente. Come bilanciate la riflessione amara con il sarcasmo irriverente nei vostri testi? Si può davvero esprimere rabbia e disillusione con ironia senza sembrare cinici?
Sta tutto nell’equilibrio. Rabbia e disillusione ci sono, se non riesci a tirarli fuori con ironia, rischi di diventare pesante e noioso. Non abbiamo intenzione di fare prediche o di lamentarci, ma di usare l’ironia come strumento per far riflettere senza prendere tutto troppo sul serio. È un modo per dire guardate quanto è assurdo tutto questo, ma senza piangerci addosso. L’ironia rende tutto più efficace, perché ti colpisce senza preavviso.
La partecipazione di artisti come Ted Bee, Attila e Andrea Rock è una chiara dichiarazione di intenti. Come sono nate queste collaborazioni e cosa pensate che abbiano portato in più al suono e alla visione del progetto?
Il progetto NoDRIP vuole essere un collettivo modulare fatto di persone con la stessa visione della musica. Ogni ospite di Bonus Tracks ha un bagaglio di esperienze e sonorità molto diverse, e proprio questo ha impreziosito il nostro lavoro in modo naturale. Non volevamo un suono preconfezionato, ma qualcosa che si evolvesse, che respirasse. Loro ci hanno dato quella spinta in più, sia a livello di suono che di visione, portando un elemento di confronto che ci ha permesso di uscire dalla nostra zona di comfort e viceversa.
Nel vostro EP non c’è spazio per l’autocelebrazione o il patetico. C’è una traccia che per voi è un po’ il “segreto” del disco, qualcosa che non volete che venga dimenticato, ma che rappresenta qualcosa di più profondo, forse più intimo?
“Marameo” sembra dire “oh, ma che vi aspettavate?”. Non siamo qui per farvi sentire a vostro agio, siamo qui per farvi sentire qualcosa. È un pezzo che affronta la realtà per quella che è, nonché la prima che abbiamo scritto e rappresenta la nostra visione più sincera del mondo, senza finzioni.
“BONUS TRACKS” non è solo un disco, è un viaggio sonoro nel caos della vita. Dopo averlo completato, cosa avete scoperto di più su voi stessi come band e come individui? Questo disco vi ha cambiato, o siete sempre rimasti quelli che eravate quando è iniziato tutto?
“BONUS TRACKS” ci ha permesso di avventurarci in territori inesplorati, ma soprattutto ci ha dato modo di mettere a fuoco quello che vogliamo comunicare. Non siamo cambiati come band, ma abbiamo capito meglio la nostra direzione. Più che un processo di trasformazione è stato un processo di crescita, durante il quale ci siamo presi la libertà di essere chi siamo, di creare il nostro suono senza preoccuparci di piacere. Potrà sembrare una banalità, ma se c’è una cosa su tutte che abbiamo imparato, è che la sincerità è la cosa più importante per fare musica che convinca prima te stesso e poi chi l’ascolta.