SWMRS – Berkeley in fiamme!

Poco prima che finisse febbraio, i giovani SWMRS hanno invaso il palco del Santeria Social Club a Milano. Questi ragazzi molto giovani ne hanno sentite dire di tutti i colori nella loro carriera, avvantaggiati sicuramente da legami familiari molto importanti, ma allo stesso tempo scartati da molti per questo motivo. Loro sono andati avanti, hanno cambiato nome (da Emily’s Army a SWMRS), e hanno da poco pubblicato un secondo disco di nome “Berkeley’s On Fire”. Se vi piace il punk con un tocco di grunge, se ascoltate i FIDLAR, i The Dirty Nil e simili, allora forse vi state perdendo il vostro disco dell’anno! E già che ci siete, per capire qualcosa su quello che fanno questi giovani californiani, scorrete in basso per leggere la mia conversazione con Cole Becker (voce principale e chitarra) e Seb Mueller (basso). [SB]

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E’ appena partito il vostro tour europeo. Può essere un mercato difficile per le band, addirittura ostile per gli opener – come lo vivono questo continente gli SWMRS?
Cole: E’ sempre stato fantastico per noi, forse meglio del resto del mondo! Posso capire perché possa essere difficile, ma l’ultima volta eravamo qui con gli All Time Low e il nostro compito era quello di far divertire dei ragazzi che probabilmente non ci avevano neanche mai sentito nominare. Penso ci sia andata bene, e a questo giro penso possa andare anche meglio!

Avete suonato a Barcellona prima di arrivare a Milano, e la Spagna può essere molto simile all’Italia per i concerti: non si sa mai come andrà. Come sono per voi i paesi mediterranei?
Cole: E’ andata da dio! Abbiamo suonato in questo locale chiamato Razzmatazz, nella stanza più grande, e ci piace così tanto suonare in locali del genere. Riusciamo a trasmettere un certo feeling, e penso il pubblico l’abbia percepito. Naturalmente è più difficile venire da queste parti ma penso siano sempre state visite positive per noi.

Parliamo dell’album. C’è sicuramente più critica sociale che mai, vi sentite più a vostro agio a parlare di queste cose ora? C’è mai paura di dire qualcosa senza essere abbastanza informati?
Cole: E’ sicuramente qualcosa che viene più naturale crescendo, ma è qualcosa che è lì, nelle nostre vite, e dobbiamo essere informati a prescindere da ciò che diciamo nelle canzoni. L’album rappresenta ciò che sentiamo di questi tempi, e dove ci porterà tutto questo, che c’entri la politica o meno.

Sbaglio se vedo qualche riferimento al Free Speech Movement di Berkeley nel secolo scorso? Come siete arrivati a questo parallelismo?

Cole: Sì, c’è un collegamento, hai ragione. In tanti modi, noi siamo un prodotto di quel movimento per la libertà di parola, e c’è un tale scontro su questo al momento che diventa inevitabile fare il paragone. Lo usano contro di noi, la destra ci dice “volete la libertà di parola ma non vuoi che io la abbia perché non vuoi che io dica la n-word liberamente,” che non ha alcun senso! E succede a Berkeley come succede ovunque, purtroppo.

Come lo vivete questo clima attuale di indecisione e fake news? E’ molto percepibile anche da questo lato dell’oceano, e sta alimentando una nuova destra a non finire. C’è davvero, secondo voi, una reazione adatta a tutto ciò?
Cole: Sì, credo ci sia una reazione in corso, e credo che quello che vogliamo dire con certe canzoni nell’album è che magari la positività può portare a qualcosa – questa destra, questi neofascisti che sono al potere ora, si nutrono di negatività. Se smettiamo di combatterli con altra negatività, non sapranno più contro cosa scontrarsi, non sanno come reagire alla positività.

Non tutte le canzoni nell’album sono a sfondo politico – tante sono piuttosto speranzose. Escono così, naturalmente, o e una divisione che vi imponete per non risultare una band troppo politica?
Cole: Penso sia solamente il modo in cui si svolgono le nostre vite. Abbiamo così tante esperienze diverse e dirette, quando parliamo tra di noi persone normali, e fa parte delle nostre interazioni e ci fa crescere come persone. Allo stesso tempo, c’è questa presenza incombente sopra di noi che ha un certo impatto, ovviamente, quindi sarà un mix delle due cose.

Cosa deve trarre un ascoltatore da questo disco, che magari non ha tratto dal precedente Drive North?
Cole: Questa positività. Questo sentimento di essere parte di qualcosa, nonostante tutto ciò che succede attorno a noi, che possiamo vivere le nostre vite e lavorare sodo ma andare a un concerto dopo una lunga settimana e sentirci liberi per un attimo.

Come pensate vi stia andando per quanto riguarda la classica sophomore slump, la difficoltà di fare un secondo album a livello del primo?
Cole: Bene! Va solo male se pensi stia andando male, no? Abbiamo dato tutto quel che avevamo per questo album e non abbiamo mai pensato “oh, dobbiamo scrivere qualcosa che ricordi più Drive North”, oppure “cavolo, non è abbastanza, non reggerà mai il confronto”. Quando succede il sophomore slump, penso sia più un caso di band che hanno trovato una fama inaspettata con il primo disco e non riuscire poi a capire cosa l’abbia reso speciale in primo luogo.

Dopo due album, quattro se contiamo i dischi col nome Emily’s Army, pensate di aver lasciato indietro certe etichette che vi davano, in base al modo in cui siete nati e le spinte che vi hanno dato?
Cole: Penso di sì, penso che abbiamo trovato la nostra via. Ovviamente l’influenza dei Green Day è stata una presenza incombente per la nostra band, e tante persone non ci hanno neanche dato un’opportunità per questo motivo, il che è un lato negativo. Ma ovviamente è stato anche positivo per noi, perché ci sono sempre state persone che hanno dimostrato interesse e che ci hanno aiutato.
Seb: E’ uno dei motivi per cui abbiamo cambiato nome. Vogliamo essere noi stessi, e a questo punto penso che lo siamo e la gente comincia ad accorgersene.

Avete lavorato con Zac Carper dei FIDLAR su questo disco, come per quello precedente. Sento tanta influenza della sua band, e il loro stile. E’ stato intenzionale? Ci sono altri artisti che vi stanno influenzando al momento?
Seb: Credo che il motivo per cui ci siamo sentiti così legati a Zac e i FIDLAR è che hanno riportato in vita questo ethos da band hardcore di Los Angeles, ed è qualcosa che abbiamo sempre voluto mostrare anche a noi. Le nostre radici dalla East Bay!
Cole: Che poi, diciamocelo, quel primo disco dei FIDLAR è assolutamente INCREDIBILE. Per quanto riguarda altri gruppi, a me piace molto questa rapper chiamata Tiara Whack. E abbiamo sempre amato Vince Staples, con i suoi testi meravigliosi e grandissime produzioni. C’è anche questa band da Los Angeles chiamata Kuromi con cui abbiamo suonato di recente, fanno hardcore, ma lo fanno senza tutto quel lato legato all’immagine – è schietto e diretto, è incredibile.

Zac è una persona che ha avuto problemi con l’abuso di sostanze, e come lui sono sicuro che avrete incontrato molte persone che sentono questa cosa. Come fa una band giovane come i SWMRS a stare lontana da certe cose, in un mondo difficile come quello dell’essere in tour?
Cole: Penso sia il fatto che abbiamo noi stessi. Siamo una famiglia. Anche quando non siamo in tour, magari non sento Seb ogni giorno, ma so che se lo chiamassi in qualsiasi momento, o vice versa, sarebbe lì per me e io sarei lì per lui. Ci aiutiamo e cresciamo assieme.

Parliamo di attualità. C’è tanta aria fresca nel mondo del pop al giorno d’oggi, e ho trovato molto piacevole quella cover che avete fatto di Billie Eilish. C’è altro nelle charts che vi appassiona al momento?
Seb: Ci è piaciuto da morire fare quella cover! Per il resto, ci piace a tutti quel nuovo album dei The 1975, ci sono tante canzoni fighe. E’ un bel momento per osservare come certi artisti che sono nati nell’underground, non solo nel rock, stiano sfondando nel mondo mainstream.

Ieri era la notte degli Oscar. Cosa mi dite di questo nuovo trend di fare film musicali, come quello dei Queen che ha vinto agli Oscar o quello che sta per arrivare dei Motley Crue?
Cole: Non è male. Non mi fa impazzire. Bohemian Rhapsody e A Star Is Born sono due film decenti, forse non da Oscar ma carini da vedere con gli amici. Con Bohemian Rhapsody in particolare penso che abbia fatto molto la storia della band stessa, alla fine.

Avete spesso parlato di come questa sia una “Boys Industry”, di come ci sia chiaramente una disparità tra uomini e donne nella musica, e so che avete fatto delle cose per promuovere l’accesso delle donne nel business. Cosa può fare effettivamente una band di soli uomini come i SWMRS per questa situazione?
Seb: Ci sono cose molto letterali che si possono fare. Noi abbiamo fatto questa cosa che abbiamo chiamato “Girls Behind the Rock Show”, in ognuna delle città dove siamo andati abbiamo invitato una donna al concerto per lavorare, come crew o per fare un ruolo specifico che le interessava. Era dare una piattaforma per poter fare esperienza e combattere questa disparità. Non è la soluzione, ma è qualcosa, questo dare una piattaforma a queste ragazze e farle sentire come dovrebbero sentirsi – come una parte di tutto ciò.
Cole: Anche solo rendere un concerto sicuro e accogliente secondo me fa una differenza. Ci sono due tipi esperienze diverse a un concerto. Quella dell’uomo, e quella della donna, che sia cisgender o trans o qualsiasi cosa, è così diverso e noi uomini non ce ne rendiamo neanche conto, non possiamo immaginarlo. Dunque promuovere dei concerti più accoglienti le porterà agli show e le farà sentire parte di questo ambiente. E noi faremo del nostro meglio!

WEBSITE
swmrs.com

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