Thy Art Is Murder – Godlike

Recensire “Godlike” dopo tutta la “faccenda CJ” non è un compito semplice, ma del resto in questi anni ahimè abbiamo assistito a situazioni più o meno affini a quella accaduta ai Thy Art Is Murder. Pensiamo ad esempio ai Lorna Shore, con un potentissimo album pronto per essere pubblicato (l’ottimo “Immortal” del 2020) e messo più o meno in ghiaccio per le odiose accuse di molestie (purtroppo fondate) riversate verso il nuovo singer CJ McCreery. Per farla breve, e giusto per fare un recap della faccenda, “Godlike” era già ampiamente disponibile per gli addetti ai lavori per recensioni e articoli vari, il disco già stampato e pronto per raggiungere i negozi fisici (e ovviamente digitali) di tutto il mondo, quando la band ha preso la decisione di licenziare l’istrionico CJ McMahon dopo una infelice uscita su Instagram (non entriamo nel dettaglio e diciamo infelice per non usare altri termini: se volete farvi una opinione, e approfondire la spinosa faccenda, il web è pieno di dichiarazioni dei diretti interessanti). A conti fatti quindi, tornando a “Godlike”, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare la “versione CJ” così come la nuova edizione con le parti vocali riregistrate dall’ottimo Tyler Miller degli Aversions Crown, frontman che vediamo ora all’opera in pianta stabile nella band anche nel tour europeo attualmente in corso. Per un fattore pratico, immagiamo di tempistiche, la prova di Tyler è molto vicina a quella di CJ, tanto che a volte le due versioni sono assolutamente interscambiabili. Smarcata la questione vocalist possiamo concentrarci sul disco in sè e, a conti fatti, “Goadlike” è un’ottima prova, un modo intelligente per rimarcare la valenza dei Thy Art Is Murder in ambito deathcore con qualche spunto interessante che sembra stato inserito appositamente per zittire i tanti che li tacciavano di immobilismo artistico. Che sia stata una scelta a tavolino o meno, in “Godlike” troviamo tante cose interessanti: le prove muscolari e di pancia che hanno reso famosa la band (su tutti i singoli “Join Me in Armageddon” e “Keres”) sono ben presenti, ma i brani che rimangono più impressi nell’ascoltatore sono quelli dove la band osa un po’ di più, come in “Everything Unwanted” con una inedita drammaticità e un interessante “rincorrersi” di chitarre, o “Bermuda”. La produzione di Will Putney non fallisce nel dare il suo tocco caratteristico ad un disco compatto e, al netto delle polemiche, assolutamente vincente, che spicca sicuramente nel panorama deathcore, faunisitico e affetto dalla sindrome del copia/incolla.

Godlike (2023 – Human Warfare)

 

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